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Gli atleti che partecipano a sport di resistenza o ad allenamenti intensi a temperature elevate, possono essere soggetti a fenomeni di disidratazione. In generale, una persona è considerata disidratata quando ha perso più del 2 per cento del suo peso corporeo. L’American College of Sports Medicine ha pubblicato una review della letteratura scientifica che riassume le attuali conoscenze riguardo alle esigenze di liquidi ed elettroliti durante l’esercizio fisico e l’impatto dei loro squilibri sulla prestazione e la salute. Un adeguato apporto di liquidi è essenziale per gli atleti prima, durante e dopo l’esercizio. Obiettivo della pre-idratazione è di iniziare l’attività sportiva con livelli normali di elettroliti plasmatici. La pre-idratazione con bevande, in aggiunta ai pasti normali e alla normale assunzione di liquidi, deve essere iniziata, quando necessario, alcune ore prima dell’attività per permettere l’assorbimento del liquido e consentire che la diuresi si stabilizzi a livelli normali. Assumere bevande durante l’esercizio fisico ha lo scopo di prevenire disidratazione (una perdita superiore al 2% di peso corporeo da deficit idrico) e anormale disequilibrio elettrolitico, per evitare prestazioni compromesse. Dopo l’esercizio, l’obiettivo è quello di sostituire il liquido e riequilibrare il deficit elettrolitico. L’esercizio fisico può indurre un significativo aumento di temperatura nel corpo (cuore e pelle) in base a condizioni ambientali (temperatura, umidità, sole, vento esposizione), variabili metaboliche e abbigliamento indossato. Innalzamenti della temperatura corporea rendono necessaria la dispersione del calore con un aumento di secrezione di sudore, favorito da un maggiore flusso sanguigno nell’epitelio. L’evaporazione del sudore rappresenta la via principale di perdita di calore durante l’esercizio fisico vigoroso a temperature elevate, quindi le perdite di sudore possono essere anche considerevoli. Oltre a contenere acqua, il sudore contiene elettroliti che, se non adeguatamente sostituiti, possono sviluppare e incidere negativamente sulla prestazione fisica individuale e, a volte, sulla salute (disidratazione e iponatriemia). La variabilità individuale del tasso di sudorazione e di elettroliti contenuti nel sudore rende necessaria una programmazione personalizzata. I tassi di sudore individuali possono essere stimati misurando il peso corporeo prima e dopo l’esercizio.
SUDORAZIONE E VARIABILI INDIVIDUALI
Il termine “euhydration” si riferisce allo stato di idratazione “normale”, mentre i termini “ipoidratazione” e “iperidratazione” si riferiscono rispettivamente a deficit e a eccessi di acqua contenuta nel corpo, al di là della normale fluttuazione di contenuto idrico. Il termine “disidratazione” si riferisce al processo di perdita di acqua corporea. L’ipoidratazione che si verifica durante l’esercizio fisico è di solito caratterizzata da ipovolemia iperosmotica (perché il sudore è ipotonico rispetto al plasma), sebbene l’ipovolemia iso osmotica possa verificarsi durante l’assunzione di alcuni farmaci (per esempio diuretici) o l’esposizione al freddo e ipossia. Diversi sono i fattori che influenzano le perdite di sudore, come la durata e l’intensità dell’esercizio, le condizioni ambientali, il tipo di abbigliamento o equipaggiamento indossato. A volte, questi fattori sono standardizzati per una specifica attività (per esempio, la temperatura di uno stadio al coperto con aria condizionata o la divisa della squadra sportiva). In altri casi, questi fattori si verificano in modo prevedibile (le condizioni climatiche durante l’esecuzione di una gara a lunga distanza). Tuttavia, nella maggior parte delle attività, vi è una considerevole variabilità individuale nell’esposizione ai fattori che determinano i tassi di sudorazione, come il peso corporeo, la predisposizione genetica, lo stato di acclimatazione al calore e l’efficienza metabolica (l’economia nello svolgere uno specifico di esercizio). In una partita di calcio, i tassi di sudorazione variano tra i giocatori in base alla loro posizione e allo stile di gioco, così come al tempo totale trascorso sul campo. Allo stesso modo, i giocatori di football americano (caratterizzati da un BMI elevato e che indossano indumenti protettivi) accuseranno perdite di sudore maggiori rispetti ai fondisti a parità di caratteristiche ambientali e di durata dell’attività. Questi dati dimostrano che gli individui spesso raggiungono tassi di sudorazione pari a 0,5 – 2 litri all’ora. Le contrazioni muscolari producono calore metabolico che viene trasferito dal sangue ai muscoli attivi e quindi al corpo. Successivamente il rialzo della temperatura interna suscita aggiustamenti fisiologici che facilitano il trasferimento di calore dall’interno del corpo verso la pelle, dove può essere dissipata nell’ambiente. Lo scambio termico tra la pelle e l’ambiente è governato da proprietà biofisiche dettate dalla temperatura, umidità, radiazioni solari e dall’abbigliamento. In un ambiente temperato e fresco, l’elevata capacità di dispersione di calore secco (radiazione e convezione) riduce i requisiti di raffreddamento per evaporazione, per cui le perdite di sudore sono piuttosto piccole. Con l’aumento dello stress da calore ambientale, vi è una maggiore dipendenza dal meccanismo della sudorazione per raggiungere il raffreddamento necessario. Indossare abiti pesanti o impermeabili, come una divisa da calcio, aumenta notevolmente lo stress termico e di raffreddamento per evaporazione durante l’esercizio in ambienti caldi. Allo stesso modo, indossare abiti pesanti o impermeabili durante l’attività fisica nella stagione fredda può provocare tassi di sudore inaspettatamente alti. Se l’ambiente è più fresco e consente una maggiore perdita di calore secco, il tasso richiesto di sudorazione risulterà minore; se il sudore secreto non evapora subito e resta a “gocciolare” sul corpo, sarà necessario un tasso di sudorazione maggiore per raggiungere i requisiti di raffreddamento per evaporazione. Al contrario, un maggiore movimento d’aria (vento, velocità del movimento) faciliterà l’evaporazione e ridurrà al minimo gli sprechi (gocciolamento) di sudore. L’acclimatazione al calore aumenta la capacità di un individuo di ottenere una maggiore sudorazione, mentre l’esercizio fisico aerobico ha un effetto modesto sul rafforzamento della reazione di sudorazione. Altri fattori, come l’umidità e la disidratazione iniziale, possono influire negativamente portando alla totale soppressione della sudorazione. Le perdite di elettroliti dipendono dalla perdita di sudore totale e dalle concentrazioni di elettroliti nel sudore. In media, il sudore ha una concentrazione di sodio di circa 35 milliequivalenti (mEq) per litro e varia in base alla predisposizione genetica, alla dieta, al tasso di sudorazione e allo stato di acclimatazione al calore. Le concentrazioni medie di potassio sono di circa 5 milliequivalenti per litro, il calcio di circa 1 mEq, il magnesio in media 0,8 mEq e il cloruro 30 mEq. Le ghiandole sudoripare possono riassorbire sodio e cloro, ma questa loro capacità non aumenta proporzionalmente con il tasso di sudorazione; di conseguenza, la concentrazione di sodio cloruro nel sudore aumenta in funzione del tasso di sudorazione. L’acclimatazione al calore migliora la capacità di riassorbire cloruro di sodio, che nel sudore di individui acclimatati di solito si presenta in concentrazioni più basse (anche del 50%).
VALUTARE L’IDRATAZIONE
Il bilancio idrico giornaliero dipende dalla differenza tra il guadagno e la perdita di acqua. Il guadagno si ottiene per consumo (liquidi e cibo) e produzione (acqua metabolica), mentre la perdita si verifica con la respirazione, perdite gastrointestinali, renali e sudorazione. Il volume di acqua metabolica prodotto durante il metabolismo cellulare (circa 0,13 g x 1 kcal) è approssimativamente uguale alla perdita di acqua delle vie respiratorie (circa 0,12 g x 1 kcal), quindi non si hanno variazioni di acqua corporea totale; le perdite del tratto gastrointestinale sono normalmente esigue. La sudorazione fornisce la via principale di perdita di acqua durante l’esercizio- stress da calore. I reni regolano l’equilibrio idrico con la produzione di urina, da un minimo di circa 20 ml a un massimo di 1000 ml circa ora; durante l’esercizio fisico e lo stress da calore, sia la filtrazione glomerulare che il flusso ematico renale sono marcatamente ridotti, con conseguente diminuzione della diuresi. Pertanto, quando sono consumati liquidi in eccesso durante l’esercizio fisico (iperidratazione), la capacità di produrre l’urina per espellere il volume in eccesso può essere ridotta. L’acqua corporea totale (TBW) rappresenta circa il 60% della massa corporea, con un range fra il 45 e il 75%; queste differenze sono dovute essenzialmente alla composizione corporea (la massa magra è costituita dal 70-80% di acqua, mentre nel tessuto adiposo l’acqua rappresenta circa il 10%). Atleti allenati, con una grande massa muscolare e un indice di grasso corporeo basso, hanno valori relativamente elevati di TBW. Idealmente, il biomarcatore di idratazione dovrebbe essere abbastanza sensibile e preciso; in realtà, evitando esami di laboratorio, è possibile determinare lo stato di idratazione utilizzando dei biomarcatori semplici, come il colore. Questi biomarcatori, se presi da soli, hanno dei limiti oggettivi, ma contestualizzati e utilizzati insieme ad altri parametri possono fornire informazioni preziose.
DISIDRATAZIONE E IPERIDRATAZIONE
Gli individui spesso iniziano un’attività fisica con un livello normale di acqua corporea totale; tuttavia, può capitare che si cominci l’attività in una situazione di disidrazione, come quando l’intervallo tra le sessioni di allenamento è inadeguato per completare la reidratazione o quando il peso corporeo dell’atleta rappresenta un vincolo. Per esempio, in alcuni sport organizzati in categorie di peso (pugilato, powerlifting, wrestling), gli individui possono disidratarsi appositamente per competere nelle classi di peso inferiore. Inoltre, le persone che utilizzano diuretici possono essere disidratate prima di iniziare l’esercizio. Un deficit idrico senza perdita proporzionale di cloruro di sodio è la forma più comune di disidratazione durante l’attività fisica al caldo; se si ha un grande deficit di cloruro di sodio, il volume del liquido extracellulare subirà una contrazione. Indipendentemente dal tipo di disidratazione, per qualsiasi deficit idrico, le alterazioni della funzione fisiologica sono simili, così come le conseguenze a livello prestativo. I sintomi di disidratazione sono:
- secchezza delle fauci;
- produzione di urina minima o assente, di colore molto scuro, concentrata;
- impossibilità a produrre lacrime;
- debolezza e vertigini;
- perdita di elasticità della pelle (effetto “tenda”).
La disidratazione aumenta la temperatura corporea, la frequenza cardiaca e le risposte allo sforzo percepito durante l’esercizio fisico, lo stress da calore; quanto maggiore è il deficit idrico, tanto maggiore è l’aumento della tensione fisiologica per un determinato esercizio. Una disidratazione entro il 2% del peso corporeo degrada l’attività aerobica e la performance cognitivo/mentale, ma il livello di deficit è anche correlato alle caratteristiche biologiche dell’individuo (la tolleranza alla disidratazione). Fattori fisiologici che contribuiscono al decremento delle prestazioni dell’esercizio aerobico includono un aumento della temperatura corporea, aumento della tensione cardiovascolari, l’utilizzo maggiore di glicogeno, alterata funzione metabolica, e forse alterata funzione del sistema nervoso centrale. L’evidenza suggerisce che questi fattori interagiscono per contribuire in concerto, piuttosto che isolatamente, al degrado delle prestazioni nell’esercizio aerobico. Il contributo relativo di ciascun fattore può variare a seconda della specifica attività, delle condizioni ambientali, dello stato di acclimatazione di calore e della bravura dell’atleta, ma l’elevata ipertermia agisce probabilmente per accentuare il decremento delle prestazioni. Anche la performance cognitiva/mentale è degradata da disidratazione e ipertermia. L’iperidratazione può essere ottenuta combinando un agente che “lega” l’acqua all’interno del corpo, come il glicerolo e le bevande ipertoniche. Un’iperidratazione semplice di solito stimola la produzione di urina per tornare rapidamente a euhydration entro alcune ore; tuttavia, come già descritto, questo meccanismo compensatorio (produzione di urina) è meno efficace durante l’esercizio e c’è il rischio di iponatriemia da diluizione. L’iperidratazione non fornisce alcun vantaggio nella termoregolazione, ma può ritardare l’insorgenza della disidratazione. In generale, la disidratazione è più comune, ma l’iperidratazione con iponatriemia sintomatica è più pericolosa. La disidratazione può compromettere la prestazione atletica e contribuisce a gravi patologie da calore, mentre l’esercizio associato a iponatriemia può produrre grave malattia o morte. La disidratazione aumenta il rischio di esaurimento da calore e rappresenta un fattore di rischio per il colpo di calore. Il colpo di calore è anche associato ad altri fattori, come la mancanza di acclimatazione, l’assunzione di alcuni farmaci, la predisposizione genetica, e la malattia. Inoltre, la disidratazione è stata associata a una ridotta stabilità cardiaca, a un alterato volume intracranico e a un ridotto flusso ematico cerebrale. Crampi muscolari scheletrici si ritengono associati a disidratazione, deficit di elettroliti e affaticamento muscolare, e sono comuni fra atleti non acclimatati al calore (sport estivi all’aria aperta come tennis, gare ciclistiche, calcetto e beach volley). I crampi da calore si verificano solitamente dopo diverse ore di sforzo e sudorazione eccessiva. La causa esatta non è nota, ma le teorie più comuni si riferiscono a un alterato controllo neuromuscolare, a disidratazione con deplezione di sali ed elettroliti, inappropriato condizionamento muscolare. Sono molto comuni tra gli atleti di resistenza e le persone anziane che svolgono intensa attività fisica. Le persone anziane sono più suscettibili a crampi muscolari a causa della perdita di massa muscolare normale (atrofia) che inizia verso i 45 anni e accelera con l’inattività. Inoltre, con l’età, il corpo perde parte del suo senso della sete e della sua capacità di percepire e rispondere ai cambiamenti di temperatura. L’iponatriemia riflette un eccesso di TBW rispetto al contenuto totale corporeo di Na. I sintomi includono mal di testa, vomito, gonfiore a mani e piedi, irrequietezza, stanchezza eccessiva, confusione e disorientamento (a causa di encefalopatia progressiva), e respirazione ansimante (a causa dell’edema polmonare). Quando il sodio plasmatico scende eccessivamente, aumenta il rischio di grave edema cerebrale associato a convulsioni, coma, ernia del tronco cerebrale, arresto respiratorio e morte. I fattori che contribuiscono alla patologia comprendono l’iperidratazione e la perdita eccessiva di sodio totale tramite i fluidi corporei.
IDRATAZIONE: QUANDO E QUANTO PRIMA DELL’ATTIVITÀ
L’obiettivo della preidratazione è di iniziare l’attività fisica in stato di euhydration e con livelli normali di elettroliti plasmatici. Se sono consumati liquidi a sufficienza durante i pasti e se c’è stato un periodo di recupero prolungato (8-12 ore) dall’ultima sessione di allenamento, la persona dovrebbe essere già in uno stato di equilibrio idrico salino. Tuttavia, se il deficit di fluido è stato notevole e non c’è stato tempo sufficiente per ristabilire la euhydration, può essere il caso di considerare un programma di pre-idratazione specifico, che contribuirà a garantire la correzione del deficit fluido-elettrolita. L’individuo dovrebbe assumere lentamente liquidi (per esempio, circa ml 5-7 per peso corporeo) almeno 4 ore prima dell’attività fisica, in modo che vi sia tempo sufficiente per la produzione di urina e il ritorno a uno stato di normalità. Consumare bevande a base di sodio e/o piccole quantità di snack salati o cibi contenenti sodio ai pasti può contribuire a stimolare la sete e a mantenere il consumo di liquidi.
DURANTE L’ALLENAMENTO ![Bygreenfinger](http://www.miaeditoria.it/wp-content/uploads/2013/11/Bygreenfinger-300x225.jpg)
La quantità di liquido da ingerire dipende dall’indice di sudorazione del soggetto, dalla durata dell’allenamento e dalla possibilità di bere. Si deve prestare attenzione nel determinare i tassi di sostituzione dei fluidi, in particolare nell’esercizio di durata superiore a 3 ore. La composizione dei liquidi da assumere (carboidrati ed elettroliti) può essere importante, in base alla specifica attività, intensità, durata e condizioni meteorologiche. Sodio e potassio devono contribuire a sostituire le perdite di elettroliti nel sudore, mentre il sodio aiuta anche a stimolare la sete e i carboidrati forniscono energia. Il consumo di carboidrati può essere utile per sostenere attività ad alta intensità che durano più di un’ora. Se si affidano il reintegro dei liquidi e l’integrazione di carboidrati a un’unica bevanda, la concentrazione di carboidrati non deve superare l’8%, perché a una concentrazione maggiore riducono lo svuotamento gastrico.
DOPO L’ALLENAMENTO
Le perdite di liquidi ed elettroliti contenuti nel sudore devono essere rimpiazzate per ristabilire l’equilibrio idrico totale e per la maggior parte delle persone questo può essere realizzato consumando un pasto normale e bevendo acqua naturale. Dato che l’alcol può agire come un diuretico (specialmente ad alti dosaggi) e aumentare la produzione di urina, deve essere consumato con moderazione, soprattutto dopo l’esercizio fisico. Se la disidratazione è notevole e il tempo di recupero relativamente breve (12 h), si può inserire un programma di reidratazione specifico. Le perdite di sodio sono più difficili da valutare rispetto alle perdite d’acqua, e presentano un’alta variabilità individuale. Un po’ di sale in eccesso può essere inserito durante i pasti quando la sudorazione è stata particolarmente abbondante. Per raggiungere un rapido e completo recupero da disidratazione è necessario bere circa 1,5 litri di liquido per ogni chilogrammo di peso corporeo perduto: il rapporto non è di 1:1 perché è necessario un volume maggiore di liquidi per compensare l’aumento di produzione delle urine che accompagna il rapido consumo di grandi volumi di liquido. La sostituzione dei liquidi per via endovenosa può essere necessaria in soggetti con grave disidratazione, nausea, vomito o diarrea, o che per qualche ragione non riescono a ingerire liquidi per via orale. Nella maggior parte delle situazioni, la sostituzione di liquidi per via endovenosa non fornisce un vantaggio rispetto all’assunzione normale.
di Mia Dell’Agnello
Pubblicato su Fitmed online 6-7/2011