
Si chiama “singolarità” ed è il periodo storico in cui stiamo entrando, o meglio, in cui siamo già entrati, ma ancora non lo sappiamo. La sua caratteristica principale è determinata dall’innovazione tecnologica che evolverà in maniera così rapida da modificare radicalmente «i concetti base che utilizziamo per dare significato alla nostra vita, dal modo in cui facciamo affari, al ciclo della vita umana, morte compresa». Parola di Raymond Kurzweil, inventore, tecnologo e futurologo, da molti considerato l’erede di Edison, vincitore di riconoscimenti internazionali e autore di diversi libri, fra cui “La singolarità è vicina”, edito da Apogeo. Secondo Kurzweil, la maggior parte delle previsioni a lungo termine è basata su un’interpretazione storica lineare, inadeguata per capire invece il mondo di domani, in cui i cambiamenti determinati dall’applicazione delle tecnologie avranno una velocità di crescita esponenziale. Insomma, l’accelerazione del progresso sarà tale che non è possibile raffigurarsela con i punti di riferimento attualmente a disposizione, se non con un certo sforzo. L’attuale tasso di progresso è stato quantificato, in media, essere cinque volte superiore a quello che ha caratterizzato il ventesimo secolo e raddoppia ogni decade: di conseguenza, nell’arco di venticinque anni avremo l’equivalente di un secolo di progresso. E via, esponenzialmente. I progressi più rivoluzionari hanno a che fare con le nanotecnologie derivate dall’unione tra biologia e informatica, che consentiranno la manipolazione della realtà fisica a livello molecolare. Incredibile? Eppure qualcosa del genere esiste già: si chiama “Respirocyte” ed è un eritrocita nanomedicale, globulo rosso artificiale disegnato in un istituto americano per duplicare tutte le funzioni della cellula. Allo stesso modo saranno realizzati nanorobot molecolari che assolveranno a diverse funzioni all’interno del corpo umano, fino ad arrivare a contrastare l’invecchiamento cellulare… «La singolarità ci permetterà di superare le limitazioni di corpo e cervello biologico. Otterremo il controllo dei nostri destini. La nostra mortalità sarà nelle nostre mani». Altro passo determinante sarà il “reverse engineering”, ovvero la reingegnerizzazione del cervello, partendo dalla sua completa e totale mappatura, per arrivare alla sua riproduzione, incluse le competenze tipicamente “umane” (capacità di risolvere problemi, intelligenza morale ed emotiva…), naturalmente potenziata e migliorata dalle caratteristiche tipiche dell’intelligenza non umana (memoria, potenza, velocità, condivisione di informazioni). «Nei prossimi 25 anni, l’intelligenza non-biologica eguaglierà la ricchezza e la raffinatezza dell’intelligenza umana per poi superarla abbondantemente grazie a due fattori: la continua accelerazione del progresso dell’informatica e la capacità, delle intelligenze non-biologiche, di condividere rapidamente il proprio sapere… Arriveremo al punto in cui il progresso tecnologico sarà talmente rapido da essere incomprensibile per l’intelletto umano non incrementato. Quel momento contrassegnerà la singolarità». Dunque, questi concetti vi paiono incredibili? Anche questo fa parte del quadro: siamo ancora in fase pre-singolarità e i limiti dell’intelligenza umana possono essere superati solo con una grande capacità di astrazione.
INTERNET: NUMERI CHE CRESCONO
La teoria della singolarità è senza dubbio molto affascinante, anche se, come previsto dallo stesso Kurzweil, si fa un po’ fatica a starle dietro. Eppure, riguardo l’evoluzione delle tecnologie, anche noi, anche adesso, avvertiamo un certo disagio nel percepire una velocità di crescita che già esiste e che contamina e modifica tutta la nostra vita; una sensazione di non essere mai abbastanza “sul pezzo”, di essere sempre un pochino più indietro, unita alla desolante consapevolezza che, appena divenuti padroni di una tecnologia, questa sarà già obsoleta. Pensiamo al salto quantico avvenuto negli ultimi venti anni. Negli anni ottanta nessuno avrebbe detto che internet, costituito allora da qualche migliaia di server, potesse diventare un fenomeno di massa. Quando nel 1995 Sergey Brin e Larry Page, poco più che ventenni, cominciarono a studiare il modo per districarsi fra i contenuti della Rete per sfruttare al meglio quello che già allora era un immenso contenitore di informazioni, nessuno avrebbe detto che in un solo decennio quell’esperimento sarebbe diventato Google, un’impresa con diecimila dipendenti sparsi in tutto il pianeta che in Borsa vale più di Walt Disney, Ford e General Motors messe insieme. Anche se le statistiche che vorrebbero inquadrare il “fenomeno internet” risultano spesso poco obiettive, quando non contraddittorie, risulta evidente che tutto ciò che riguarda la Rete continua a registrare segni positivi. Crescono i naviganti, anche se con proporzioni ancora molto legate al livello d’istruzione, e cresce il tempo dedicato alla navigazione. I dati Istat relativi al 2008 sostengono che il 40,2% della popolazione (dai 6 anni in su) naviga in Internet e il 17,7% di loro lo fa quotidianamente. Il Rapporto annuale Censis, raffrontando un periodo di tempo maggiore (2003 – 2007), può parlare di “balzo in avanti” nell’uso di Internet, soprattutto da parte dei giovani italiani tra 14 e 29 anni, la cui utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) è passata dal 61% del 2003 all’83% del 2007 e l’uso abituale (almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%. Secondo una ricerca condotta da Nielsen Online (il servizio di The Nielsen Company per l’analisi e la misurazione certificata di audience Internet, advertising online, video, consumer-generated media, passaparola digitale, e-commerce e più in generale del comportamento dell’utente online) sono aumentati tutti gli indicatori relativi ai consumi internet. Per esempio, analizzando il mese di dicembre, ogni navigatore ha passato nel web 26 ore al mese contro le 20 di dicembre 2007, collegandosi 33 volte e visitando 82 siti, contro le 29 volte e i 66 siti visitati un anno fa. Secondo i dati riportati da Sedo (il più grande portale internazionale per comprare e vendere domini e pagine web su Internet) nel 2008 il numero di domini venduti è cresciuto del 35% rispetto all’anno precedente, mentre il volume totale delle transazioni ha raggiunto i 53.135.710 euro (per curiosità: il dominio più caro del 2008, venduto attraverso Sedo a un prezzo di 1,17 milioni di dollari americani, è stato Kredit.de).
YES, WEB CAN
Oltre a una crescita quantitativa, è importante evidenziare anche una crescita qualitativa nell’utilizzo degli strumenti del web. Sempre secondo i dati presentati da Nielsen Online, il 2008 è stato l’anno di community, blog e social network, un fenomeno che consente di fare almeno due considerazioni. La prima è che la navigazione in rete rientra ormai nei comportamenti consolidati degli utenti, tanto che il legame tra offline e online ne risulta sempre più rafforzato. La seconda considerazione ha a che fare con la “maturità” di utilizzo degli strumenti web, con la capacità di cogliere nella sua pienezza quel nuovo modo di comunicare che sta generando una vera e propria rivoluzione culturale anche nel mondo delle imprese, ribaltando i paradigmi del marketing. I consumatori diventano, finalmente, persone, che tramite il web si confrontano direttamente sugli acquisti esprimendo opinioni e cercando soluzioni “su misura”, tagliando fuori la voce istituzionale delle aziende. Gli “user generated content” (ovvero i contenuti generati direttamente dagli utenti tramite blog, commenti, forum di discussione) stanno acquisendo sempre più importanza nell’orientare i comportamenti di acquisto, tanto da costringere le imprese a interessarsene, trovando nuove modalità di interazione. Per capire quanta potenzialità sia racchiusa nella rete è sufficiente ricordare cosa è capitato alle ultime elezioni americane, nelle quali Barack Obama si è trasformato in un “consumer brand” attraente, globale, riconoscibile e condivisibile. Ha creduto nel modello partecipativo della rete, ne ha assimilato le modalità di diffusione, si è fatto affiancare da una squadra di collaboratori d’eccellenza, del calibro di Chris Hughes, uno dei quattro fondatori di Facebook (24 anni!). È penetrato nell’universo del web 2.0 rifornendo la rete di informazioni, materiali, video, utilizzando i canali di diffusione più tradizionali per i navigatori (come Facebook e MySpace), stimolando conversazioni, raccogliendo opinioni, ascoltando. Ha definito un sito per il social-networking (www.my.barackobama.com, meglio conosciuto come MyBo), strutturato in modo tale da riuscire a mantenere attivi i contatti con milioni di potenziali elettori, tramite conversazioni telefoniche, SMS, email. È riuscito a entrare in contatto (reale, non virtuale) con un numero di persone impensabile senza la rete, favorendone la partecipazione spontanea e diffondendo il proprio “brand” in maniera virale. Tramite microversamenti individuali ha raccolto una quantità di fondi per il finanziamento della campagna elettorale mai raggiunta da nessun altro candidato (a luglio 2008 più di un milione di sottoscrittori avevano versato oltre 200 milioni di dollari). Nel giro di alcuni mesi da Mister Nessuno è diventato il concorrente democratico prescelto per la corsa alla Casa Bianca, superando Hillary Clinton; ora è il primo afroamericano a diventare presidente degli Stati Uniti. Certo, non che il merito sia solo del web, ma che la comunicazione online sia stata fondamentale per il successo di Obama, nessuno lo mette in discussione. Peraltro, anche gli altri concorrenti hanno utilizzato gli stessi strumenti, ma il modo in cui l’hanno fatto è stato differente. Per questo ora il “modello Obama” è diventato materia d’insegnamento presso diverse Università nel mondo. Beh, se non è futuro questo…
di Mia Dell’Agnello
pubblicato su Professione Fitness 2-2009