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Visite e certificati: obblighi, novità e proposte

doctor“Al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un’attività sportiva non agonistica o amatoriale il Ministro della salute, con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro delegato al turismo e allo sport, dispone garanzie sanitarie mediante l’obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l’effettuazione di controlli sanitari sui praticanti…” (D.M. 13/09/2012, art. 7 comma 11). Il decreto messo a punto dal ministro della salute Renato Balduzzi ha riacceso i fari sulla questione delle visite di idoneità medico-sportiva, riaprendo vecchi dibattiti e fornendo nuovi argomenti di discussione. Che differenza c’è fra la pratica agonistica e quella non agonistica? Che cosa è cambiato negli ultimi 30 anni e che cosa dovrebbe cambiare? Breve viaggio nella vecchia e nuova normativa alla ricerca di soluzioni di buon senso, che guardino non solo l’interesse dei medici o delle strutture che richiedono i certificati, ma soprattutto l’interesse degli utenti.

 Il nuovo decreto messo a punto dal ministro della salute Renato Balduzzi ha riacceso i fari sulla questione delle visite di idoneità medico-sportiva, riaprendo vecchi dibattiti e fornendo nuovi argomenti di discussione. La bozza del decreto, presentata alla fine di agosto 2012 e successivamente modificata, prevedeva che i certificati di idoneità, sia per l’attività agonistica che per la non agonistica, fossero rilasciati unicamente dai medici dello sport. L’intento doveva essere quello di porre una maggior responsabilità su un atto che molto spesso è vissuto, dai medici di base e dai pediatri, come una pura formalità. Il “certificato di buona salute”, così si definisce quello che attesta l’idoneità per le attività non agonistiche, non prevede indagini strumentali, ma neanche uno standard esecutivo per la visita clinica, svolta il più delle volte con superficialità, quando non del tutto assente, a fronte del rilascio di un documento il cui valore è esclusivamente burocratico. Il certificato medico è il foglio che serve per iscriversi a un corso, per svolgere un’attività tutelati da una copertura assicurativa. Davanti alla proposta di Balduzzi, la federazione dei medici di base e alcuni enti di promozione sportiva, sono insorti, dichiarando che in questo modo ci sarebbe stato un aggravio di spesa per i cittadini. Così Balduzzi fa marcia indietro, e nel decreto legge, pubblicato il 13 settembre, art. 7 (Disposizioni in materia di vendita di prodotti del tabacco, misure di prevenzione per contrastare la ludopatia e per l’attività sportiva non agonistica) comma 11: “Al fine di salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un’attività sportiva non agonistica o amatoriale il Ministro della salute, con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro delegato al turismo e allo sport, dispone garanzie sanitarie mediante l’obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l’effettuazione di controlli sanitari sui praticanti…”. Mentre attendiamo che siano rese note le “linee guida per l’effettuazione di controlli sanitari”, possiamo evidenziare che il decreto Balduzzi colma il vuoto legislativo che il precedente decreto (già citato D.M. 28/2/1983) aveva lasciato. Lì infatti si legge che il controllo sanitario per la pratica di attività sportiva non agonistica è obbligatorio solo per coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società o associazioni affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali o agli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI; escludendo di fatto tutti i praticanti in strutture private non affiliate (centri fitness ecc.). La questione non era da poco, essendoci di mezzo anche problemi di responsabilità e assicurazioni. E infatti negli anni le interpretazioni si sono sprecate, dovendosi confrontare anche con normative regionali diverse fra loro.

ATTIVITÀ SPORTIVA AGONISTICA
Nel D.M. 18 febbraio 1982 “Norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica” nell’art. 1. si legge che “La qualificazione agonistica a chi svolge attività sportiva è demandata alle federazioni sportive nazionali; o agli enti sportivi riconosciuti”. Di fatto, le singole federazioni utilizzano un criterio anagrafico: la differenza fra sport agonistico e non agonistico è dettata dall’età del soggetto rispetto allo sport praticato. La definizione non ha niente a che fare con i livelli di intensità o di competitività espressi. Come esempio riportiamo gli anni di ingresso per alcune attività:
8 anni – pattinaggio su ghiaccio, ginnastica, scherma, nuoto;
9 anni – baseball, canottaggio, sci;
10 anni – pentathlon, tennis;
12 anni – atletica leggera, calcio, judo e arti marziali, rugby, pallacanestro, pallavolo.
La visita per l’idoneità alla pratica di uno sport agonistico include indagini strumentali e può essere effettuata solo da specialisti in Medicina dello sport all’interno di strutture accreditate in specifici albi regionali. L’indagine viene svolta tramite esami clinici e strumentali:
- visita medica completa e anamnesi;
- spirometria, con determinazione della capacità polmonare statica e dinamica e della massima ventilazione volontaria;
- elettrocardiogramma a riposo;
- elettrocardiogramma sotto sforzo, indotto dallo “step test”, eseguito per 3 minuti su un gradino di altezza variabile a un ritmo stabilito (per 120 movimenti al minuto) con calcolo dell’IRI (indice di recupero);
- esame delle urine completo;
- acuità visiva.
Per alcune discipline sono poi previste ulteriori indagini specialistiche (per esempio pugilato, sci alpino, attività subacquee). Ogni certificato è specifico per uno e un solo sport. Il costo nelle strutture pubbliche è fisso a tariffa regionale, considerata la quota minima applicabile nelle strutture private. Per esempio in Lombardia gli atleti minori di 18 anni tesserati a una federazione o a un ente di promozione sportiva hanno diritto alla visita gratuita, se richiesta da una società sportiva. Per tutti gli altri le cifre sono variabili, mantenendosi in una media di 50/60 euro per uno screening completo. Al termine della visita viene rilasciato un certificato di idoneità, inidoneità (assoluta o temporanea) o sospensione (per ulteriori accertamenti).

ATTIVITÀ SPORTIVA NON AGONISTICA
La visita per l’idoneità alla pratica di sport non agonistico è di prassi svolta dal medico di base e dal pediatra, è generica e valida per tutte le attività sportive non agonistiche. Non tutti sanno che ci si può recare anche nei centri di medicina dello sport, dove si avrà lo stesso “trattamento” riservato agli atleti agonisti (esami clinici e strumentali di cui sopra per un costo medio di 50/60 euro). Anche il certificato rilasciato dal medico di base e dal pediatra è a pagamento e il costo medio varia fra i 40 e i 50 euro. Ricordiamo che il Decreto Bersani del 2006 ha abolito le tariffe minime degli ordini; tuttavia i medici si attengono, generalmente, a quelle suggerite per “deontologia professionale” dagli ordini stessi, che hanno pubblicato dei tariffari di riferimento. Come già detto, in questo caso è prevista solo una visita clinica e non esistono linee guida a cui attenersi, partendo dal presupposto che il medico conosca il proprio paziente e le eventuali patologie di cui è portatore che possono limitare la pratica sportiva. Ma non sempre è così. La visita sarebbe molto utile anche per evidenziare possibili alterazioni strutturali, soprattutto nel periodo di accrescimento, individuando atteggiamenti posturali scorretti o alterazioni della schiena, ginocchio e piede. Quanti sono i pediatri che di routine eseguono queste verifiche? Inoltre, in base alla morfologia e a eventuali alterazioni rilevate, il pediatra potrebbe indirizzare il proprio paziente alla pratica di uno sport piuttosto che un altro o fornire direttamente consigli alimentari e per migliorare lo stile di vita. Veniamo quindi al concetto più importante: il senso del certificato medico.

NON SOLO PREVENZIONE
Il senso della visita di idoneità alla pratica sportiva (sia agonistica che non) è prima di tutto preventivo: evidenziare eventuali anomalie che possano controindicare, anche solo temporaneamente, l’attività sportiva. Tuttavia, questa chiave di lettura ci sembra oggi riduttiva. Se fino a qualche anno fa la tendenza era quella di escludere dalla pratica di un’attività fisica la popolazione che non veniva riscontrata “sana”, ora c’è piuttosto la tendenza a includere, anzi caldeggiare, quando non addirittura prescrivere l’attività motoria anche e soprattutto alle persone fragili dal punto di vista della salute, portatori di fattori di rischio anche elevati per la diagnosi della sindrome metabolica. A dire il vero, facendo un’ampia panoramica sulla letteratura scientifica internazionale, possiamo tranquillamente affermare che sono ormai pochissime le patologie in cui si vieta un’attività motoria. Questa buona pratica rende tuttavia necessario un maggior controllo che non deve tradursi in eccessivo monitoraggio strumentale, quanto piuttosto in maggiore cura nell’indagine clinica. Se il movimento è anche terapia, il certificato dovrebbe anche indirizzare la scelta della pratica motoria, fornendo indicazioni rispetto al “cosa, come, quando, per quanto tempo”. Ovviamente la questione interessa proprio le attività non agonistiche, in questo momento affidate alla buona volontà di medici di base e pediatri. Spostare integralmente questa responsabilità sui medici dello sport, così come prevedeva la bozza del decreto Balduzzi poi modificata, sicuramente non rappresenterebbe un aggravio economico per gli utenti (come abbiamo visto, il costo di un certificato rilasciato da un medico di base o pediatra e da un centro di medicina dello sport sono rapportabili), ma probabilmente non risolverebbe il problema, venendo a mancare quella fondamentale conoscenza del paziente di cui può giovare il medico di base. Tuttavia, il certificato di buona salute per lo svolgimento di attività non agonistiche non può rappresentare solo una conferma scritta della situazione sanitaria generale del soggetto (che dovrebbe essere già a conoscenza del medico o del pediatra), ma deve scaturire da indagini più approfondite, quanto meno mirate all’individuazione dei fattori di rischio più direttamente in causa negli incidenti legati all’attività fisico-sportiva. Sarà poi lo stesso medico di base, che conosce i propri pazienti, a prescrivere la visita di un medico dello sport là dove riterrà importante approfondire gli accertamenti con esami di laboratorio o visite specialistiche per la “prescrizione di terapia fisica”. In questo caso la documentazione redatta risulterà fondamentale per l’impostazione del lavoro da parte dell’istruttore sportivo. Invece di battagliare per il mantenimento di 50 euro di privilegio, forse varrebbe la pena mettersi a tavolino e discutere di questo, che poi è la salute delle persone, con beneplacito di Ippocrate.

Di Mia Dell’Agnello

Pubblicato su Fitmed online 10/2012