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Downsize Fitness: se sei magro non entri!

downsize1Con sedi a Chicago e Las Vegas, il centro fitness ha aperto i battenti pochi anni or sono e ci si può iscrivere solo se si hanno almeno 50 libbre (22,6 kg circa) da perdere. Il format di Downsize Fitness è stato sviluppato appositamente per le persone in soprappeso, che spesso si sentono a disagio in una palestra convenzionale, dove temono la propria diversità e il giudizio degli altri frequentatori. La palestra offre un ambiente amichevole e un servizio su misura anche come orientamento nutrizionale. Le finestre della palestra sono smerigliate e la porta è chiusa, per rispettare la privacy.

Il Club Fitness invita alla visita della propria struttura offrendo una consulenza gratuita strutturata su un colloquio personale e un’analisi funzionale. Il colloquio si svolge con un personal trainer specializzato in problemi legati al soprappeso, con cui il potenziale iscritto può condividere la propria storia, raccontando la sua salute presente e passata, gli obiettivi personali, i tentativi falliti e può porre qualsiasi domanda per quanto riguarda il fitness, l’alimentazione e il club. Al colloquio segue una parte di valutazione funzionale tramite una serie di test fra cui la misurazione della composizione corporea, delle circonferenze, del BMI e valutazioni biomeccaniche, per inquadrare il livello di fitness e definire un punto di partenza, qualora il soggetto decida di iscriversi al club. Se si iscrive, con le informazioni e i risultati ottenuti, il team di professionisti crea un programma di allenamento che include:
- allenamento della forza muscolare;
- allenamento cardio-respiratorio;
- flessibilità e balance.
Inoltre viene sviluppato un programma nutrizionale che non è una dieta, ma che deve insegnare a mangiare, educando la persona ai concetti di equilibrio, valori nutrizionali, alimentazione salutare.
Last, but not least, ogni iscritto è seguito da personal trainer che lo accompagneranno lungo tutto il suo percorso, fornendo consigli e supporto motivazionale sia con lezioni one-to-one che a piccoli gruppi (fino a un massimo di 5 componenti).

THE BIGGEST LOSER, MA NON PROPRIO
Per rendere il servizio ancora più stimolante, ma soprattutto per aumentare la cassa di biggestrisonanza, seguendo l’americanissimo motto “Just do it”, il club propone ai soci la possibilità di competere in una sfida: chi riuscirà a perdere la maggior percentuale di peso in sei mesi di attività, si aggiudicherà un premio di 25.000 $! Ogni concorrente sarà pesato per determinare il peso iniziale e in questi sei mesi parteciperà al programma proposto dal Downsize Fitness, che include la frequenza della palestra a piccoli gruppi o con personal trainer individuale e sessioni di consulenza nutrizionale 3-5 volte a settimana. Le regole della competizione sono le seguenti:
- non è consentita la perdita di peso tramite chirurgia bariatrica;
- l’iscrizione è gratuita, ma ogni partecipante deve essere socio del Downsize Fitness per tutta la durata del concorso (6 mesi);
- i concorrenti saranno fotografati mensilmente per monitorare i progressi e le foto potranno essere utilizzate per i materiali promozionali.
L’idea di questo concorso è modellata sul successo dello show televisivo “The Biggest Loser” , un reality game che ha debuttato sulla NBC americana nel 2004. In breve, si tratta di una competizione fra persone obese e soprappeso per perdere il maggior peso possibile, in relazione al peso iniziale. Il format ha avuto successo tanto che, non solo continua a essere proposto dalla NBC americana, ma è stato adottato da più di 20 paesi, in tutti i continenti. Nonostante le diverse varianti, i concorrenti che partecipano al programma televisivo hanno sempre lo stesso obiettivo: perdere la più alta percentuale di peso per aggiudicarsi il montepremi finale, che negli USA ammonta a 250.000 dollari, nel Regno Unito a 25.000 sterline, in Germania a 25.000 euro. Ogni stagione di The Biggest Loser inizia con una pesata collettiva per determinare i pesi di partenza dei concorrenti, che poi sono suddivisi in squadre. Gli episodi sono animati da sfide da superare e tentazioni a cui resistere; ogni settimana la squadra che ha perso meno peso sarà sottoposta alla votazione delle altre squadre, per eliminare uno dei componenti. Quando il numero di partecipanti si è ridotto, le squadre si sciolgono e i concorrenti competono da soli, uno contro l’altro. I personal trainer della trasmissione sono responsabili (in collaborazione con il personale medico) della progettazione degli allenamenti e dei piani nutrizionali, ma i concorrenti sono individualmente responsabili dell’attuazione dei principi insegnati. Il programma è ovviamente soggetto a parecchie critiche, non solo per quelle caratteristiche discutibili su cui poggiano tutti i format reality, ma soprattutto perché in questo caso si ha anche a che fare con la salute (fisica e psichica) dei partecipanti. C’è chi sostiene che si tratti di sfruttamento e ridicolizzazione di persone in seria difficoltà, chi ne contesta i metodi: la perdita di peso competitiva è, nella migliore delle ipotesi, controproducente e, nel peggiore, pericolosa. Alcuni concorrenti arrivano a perdere 10/15 chili in una settimana, quando è a tutti noto che i bruschi cali di peso non sono solo di breve durata, ma rappresentano alti rischi per la salute. È lo stesso format dello spettacolo – un concorso a eliminazioni – a incoraggiare i concorrenti a mettere in pericolo la propria persona. Alcuni di loro hanno pubblicamente ammesso di essere arrivati al digiuno e alla disidratazione pur di restare in gara e, una volta finito lo spettacolo, nel giro di poche settimane hanno riacquistato i chili persi, evidentemente, quasi tutti di acqua.

PALESTRA PER OBESI: QUAL È IL SENSO?
Francis Wisniewski, proprietario dl Downsize Fitness, ci tiene a sottolineare che le finalità della palestra sono totalmente diverse da quelle del programma televisivo: «Il nostro obiettivo è aiutare i membri a cambiare il loro stile di vita… non si tratta solo di seguire una dieta o un allenamento circoscritto nel tempo. Si tratta di insegnare nuove abitudini per offrire ai nostri soci una nuova qualità della vita». E lo sa bene lui, che il percorso l’ha sudato tutto, dimagrendo di 60 chili in un anno; anzi, è proprio dalla sua esperienza che è nata l’idea di un centro specializzato. Una palestra dove, appena raggiunto l’obiettivo, te ne devi andare: sicuramente l’approccio è nuovo, ma è un business che funziona?
Il settore del fitness vive da anni proponendo modelli di corpi scolpiti e da sogno, che tanti considerano irraggiungibili e per questo non acquistano, a priori: «Sanno che non è realistico. Per questo l’industria del fitness, in un certo senso, è il mio peggior nemico». Ma non è solo un problema di comunicazione: «il personale che lavora nei centri fitness sa come vendere gli integratori, ma non conosce il modo di abbracciare le persone che hanno un disperato bisogno di aiuto».
A leggere i commenti nel blog, pare che l’idea piaccia parecchio: sembra che siano in tanti ad aver rinunciato alla palestra esclusivamente perché si sentono a disagio e fuori luogo. E questo non è solo un fenomeno a stelle e strisce.

 di Mia Dell’Agnello 
Pubblicato in Fitmed online 2/2012

Diabete di secondo tipo, dieta e attività fisica

Cambiare stile di vita dopo la diagnosi di diabete di secondo tipo potrebbe migliorare gli esiti c0043242pdella malattia, ma non ci sono ampi studi che mettono a confronto i risultati ottenuti dai diversi interventi. Questo studio multicentrico, a gruppi paralleli, randomizzato, svolto nel Regno Unito, indaga e paragona gli effetti ottenuti dall’introduzione di una dieta e di attività fisica sulla pressione sanguigna e sulle concentrazioni di glucosio su un gruppo di 600 adulti fra i 30 e gli 80 anni di età, nei quali il diabete di tipo 2 era stato diagnosticato 5-8 mesi prima. I partecipanti sono stati divisi in tre gruppi:
1. cura standard (iniziali consigli alimentari e follow-up ogni 6 mesi), gruppo di controllo;
2. dieta intensiva (consulto dietologico ogni 3 mesi, con supporto specialistico mensile);
3. dieta intensiva più un programma di attività fisica misurata con podometro.
Lo standard di cura per pazienti con nuova diagnosi di diabete di 2° tipo nel Regno Unito prevede una iniziale somministrazione di consigli dietetici individuali o con la partecipazione a una giornata educativa. Nel programma di dieta intensiva obiettivo era consentire ai pazienti di perdere il 5-10% del loro peso corporeo iniziale e di mantenere questo risultato durante tutto lo studio. La dieta non era prescrittiva, ma l’obiettivo era di volta in volta negoziato con ogni singolo partecipante in una seduta individuale con la dietista. I partecipanti hanno visto la dietista ogni 3 mesi, ma i consigli dietetici e la definizione degli obiettivi è stata rafforzata con altri appuntamenti con personale infermieristico specializzato. I pazienti del terzo gruppo (dieta + attività fisica) hanno ricevuto lo stesso intervento dietetico del secondo gruppo e, inoltre, è stato loro chiesto di fare almeno 30 minuti di camminata di buon passo almeno 5 giorni a settimana, in linea con le linee guida nazionali per la attività fisica. Ogni paziente è stato dotato di un contapassi e di una cartella contenente letteratura motivante e pagine per la registrazione quotidiana di attività fisica (letture contapassi). Dopo 6 mesi, l’indice glicemico era peggiorato nel gruppo di controllo, mentre era migliorato sia nel gruppo dieta che in quello dieta + attività fisica. Queste differenze persistevano anche a 12 mesi, nonostante il minor uso di farmaci per il diabete. I miglioramenti sono stati osservati anche nel peso corporeo e nella resistenza all’insulina; la pressione sanguigna è risultata simile in tutti i gruppi e si è evidenziata una ridotta necessità di trattamento farmacologico rispetto al trattamento convenzionale. Mentre l’intervento con una dieta intensiva subito dopo la diagnosi si è dimostrato in grado di migliorare il controllo glicemico, l’aggiunta di attività fisica non ha portato ulteriori benefici. Questo può essere spiegato con il fatto che, mentre esiste personale specializzato in nutrizione e alimentazione (vedi dietologo), pochi medici sono addestrati per dare consigli appropriati riferiti all’attività motoria e quindi l’informazione è spesso generale, piuttosto che su misura per le esigenze di ogni singolo paziente. Inoltre, la somministrazione di esercizio fisico è stata comunque leggera e di breve durata e la misurazione “self-report” manca chiaramente di oggettività. Per aumentare i livelli di esercizio fisico nei pazienti con diabete di tipo 2, i servizi clinici dovrebbero essere ristrutturati includendo operatori sanitari riqualificati, ma dal momento che la formazione sanitaria richiede un costo aggiuntivo, si suggerisce che l’intervento nella fase iniziale dovrebbero concentrarsi sul miglioramento dieta.

Diet or diet plus physical activity versus usual care in patients with newly diagnosed type 2 diabetes: the Early ACTID randomised controlled trial R C Andrews, A R Cooper, A A Montgomery, A J Norcross, T J Peters, D J Sharp, N Jackson, K Fitzsimons, J Bright, K Coulman, C Y England, J Gorton, A McLenaghan, E Paxton, A Polet, C Thompson, C M Dayan

a cura di Mia Dell’Agnello
Pubblicato su Fitmed online 12/2011

 

Le zone blu

B0009147TSNegli ultimi decenni le ricerche sulla longevità umana si sono soffermate sullo studio delle cosiddette Zone Blu, particolari zone della terra in cui l’aspettativa di vita della popolazione è particolarmente elevata. Una di queste zone è stata individuata in Italia, nella zona centro orientale della Sardegna (Ogliastra), dove la prevalenza di ultracentenari è superiore sia alla media nazionale, che ai valori riportati dalla maggior parte dei paesi europei, soprattutto per quanto riguarda il sesso maschile. Il fenomeno è studiato con approccio multidisciplinare, nel tentativo di identificare i fattori nutrizionali, genetici e ambientali all’origine della longevità. Gli studi sono ancora in corso, ma già si prospetta un quadro interessante: i fattori modificabili incidono maggiormente rispetto a quelli non modificabili; infatti i fattori genetici possano influire solo per il 20-25%, mentre sono determinanti quelli legati all’ambiente e allo stile di vita. Genericamente, dai primi raffronti realizzati fra le diverse Zone Blu del pianeta, emerge che le popolazioni residenti si nutrono prevalentemente con alimenti autoprodotti e scarsamente processati, e che conducono uno stile di vita che impone attività motoria costante (economie a prevalenza agro-pastorale). In Ogliastra, inoltre, le percentuali di bambini in età scolare obesi o soprappeso sono inferiori alla media nazionale.

di Mia Dell’Agnello
Fitmed online 7/8-2010