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Allenamento: il lavoro aerobico può interferire con il potenziamento muscolare?

Lo sviluppo della resistenza cardiovascolare e quello della forza e tonificazione muscolare sonoks102156p entrambi importanti, ma come abbinarli nella pianificazione dell’allenamento?

L’esercizio aerobico è efficace per il mantenimento e il miglioramento delle capacità cardiovascolari, per aumentare il dispendio energetico e favorire l’utilizzo del tessuto adiposo. Il lavoro con il carico è fondamentale per lo sviluppo della massa muscolare, della forza e per migliorare la qualità del tessuto osseo.
L’allenamento, a qualsiasi livello, deve includere entrambe le tipologie di esercizio; eppure ancora non è chiaro quanto e in che modo lo sviluppo delle capacità aerobiche possa interferire negativamente sull’incremento della forza/massa muscolare.

Un allenamento combinato può essere strutturato di modo che le due differenti tipologie di esercizi:
1) si svolgano entrambe all’interno della stessa seduta di allenamento;
2) si svolgano nello stesso giorno, ma in sedute distanziate (mattino e tardo pomeriggio);
3) siano programmate in giorni diversi della settimana, in modo alterno;
4) siano suddivise con una periodizzazione dell’allenamento in cicli dedicati (mesi).
A meno che non si tratti di sportivi professionisti che necessitano di una preparazione specifica, l’allenamento simultaneo, all’interno della stessa seduta di allenamento, è quello tendenzialmente più diffuso, soprattutto dagli atleti che praticano sport che richiedono sia le capacità aerobiche che anaerobiche. Ma perché sia efficace, richiede una pianificazione attenta e l’analisi di eventuali obiettivi prioritari da perseguire.
Diversi studi confermano che l’allenamento aerobico può compromettere il massimo sviluppo di forza e potenza muscolare (1, 2), soprattutto se le sessioni di allenamento sono distribuite su 6 giorni la settimana, annullando praticamente la fase di riposo. Quando invece l’allenamento combinato è svolto nel medesimo giorno, aumentando i giorni dedicati al recupero il risultato sullo sviluppo di forza e potenza muscolare pare non essere compromesso (3, 4, 5, 6).
Nella popolazione anziana è invece sempre e comunque particolarmente raccomandato, perché produce miglioramenti sia nell’efficienza cardiovascolare che muscolare. Dal momento che l’obiettivo è quello di migliorare la forma e promuovere la salute, i protocolli proposti hanno in genere una frequenza di ≤ 3 volte alla settimana, con un volume di allenamento moderato e il rischio di sovrallenamento ridotto al minimo (7, 8, 9).

IN CHE ORDINE PROPORRE GLI ESERCIZI ALL’INTERNO DI UNA SESSIONE DI ALLENAMENTO? 
La maggior parte degli studi che hanno confrontato l’efficacia dell’allenamento dando la priorità all’allenamento aerobico piuttosto che a quello di muscolazione, generalmente suggeriscono che la sequenza con cui gli esercizi sono proposti non produce differenze significative, perché in entrambi i casi ci sono miglioramenti sia nell’efficienza cardiorespiratoria che in quella muscolare. Allo stato attuale della ricerca non esiste parere concorde riguardo questo aspetto: la sequenza dovrà soddisfare le priorità del programma di allenamento, tenendo presente che la capacità allenata prima, interferirà inevitabilmente sulla successiva.
Priorità all’allenamento cardiovascolare
Per chi punta al miglioramento della VO2max (massimo consumo di ossigeno) e EPOC (consumo di ossigeno post esercizio). L’influenza negativa sul successivo lavoro di potenziamento rilevata da alcuni studi può essere determinata dal fatto che per entrambi i lavori sono stati coinvolti i medesimi gruppi muscolari (che quindi sono risultati già “stanchi” all’inizio del lavoro in sovraccarico, 1, 2, 10). Negli studi in cui i muscoli sollecitati sono stati differenti (per esempio la fase di allenamento cardiovascolare al cicloergometro e gli esercizi di muscolazione per gli arti superiori), la riduzione di prestazione è stata praticamente nulla. Altri studi hanno evidenziato che un prolungato lavoro aerobico (circa 1 ora) attenua la risposta dell’ormone della crescita nel successivo lavoro in sovraccarico: questo suggerisce che, per produrre risposte ormonali più favorevoli, l’allenamento aerobico deve essere eseguito successivamente.
Priorità all’allenamento con sovraccarichi
Gravelle e Blessing (5) hanno svolto uno studio molto interessante su un gruppo di donne che hanno seguito un programma di allenamento combinato e progressivo per 3 giorni a settimana per 11 settimane. I carichi di lavoro iniziali dell’allenamento aerobico corrispondevano al 70% della VO2max per 25 minuti, mentre l’allenamento con sovraccarichi era strutturato in una sequenza di 2 set di 10 ripetizioni per 7 esercizi. Gli autori hanno evidenziato un miglioramento della VO2max solo nei soggetti che hanno effettuato un allenamento di muscolazione prima dell’allenamento aerobico: in questo caso, il lavoro di potenziamento muscolare sembra influenzare favorevolmente il metabolismo durante la successiva sessione di lavoro aerobico.
È stato inoltre rilevato un aumento dell’ossidazione dei grassi (lipolisi) e di dispendio energetico durante l’esercizio aerobico preceduto da un protocollo di esercizio di potenziamento muscolare.
Considerando attentamente tutte le variabili legate alla programmazione dell’allenamento, è possibile confermare che una sessione combinata di esercizi aerobici e di potenziamento muscolare porta una serie di adattamenti fisiologici positivi, indipendentemente dalla sequenza con cui vengono svolti. Per esempio, un efficace programma di allenamento combinato per individui sani potrebbe contemplare:
- lavoro aerobico al 60%-70% della VO2max per 25-30 minuti;
- lavoro di potenziamento al 60%-80% con 6-10 esercizi che coinvolgano tutti i gruppi muscolari, da svolgersi in 3-4 serie da 8-12 ripetizioni e 2 minuti di recupero fra una serie e l’altra.
L’intera sessione di allenamento si completa in 60-90 minuti (incluse le fasi di riscaldamento e defaticamento qui non trattate), da svolgersi 3, max 4 giorni alla settimana: in questo modo non ci dovrebbero essere interferenze proponendo prima l’uno o l’altro lavoro. La priorità dovrà essere scelta in base alle esigenze personali dell’individuo. Gli adattamenti dovrebbero cominciare a verificarsi dopo 11-12 settimane.

NOTE
1. Dudley GA, Djamil R. Incompatibility of endurance- and strength-training modes of exercise. J Appl Physiol. 1985;59(5):1446Y51
2. Kraemer WJ, Patton JF, Gordon SE, Harman EA, Deschenes MR, Reynolds K, Newton RU, Triplett NT, Dziados JE. Compatibility of high-intensity strength and endurance training on hormonal and skeletal muscle adaptations. J Appl Physiol. 1995;78(3):976Y89
3. Chtara M, Chamari K, Chaouachi M, Chaouachi A, Koubaa D, Feki Y, Millet GP, Amri M. Effects of intra-session concurrent endurance and strength training sequence on aerobic performance and capacity. Br J Sports Med. 2005;39(8):555Y60.
4. Glowacki SP, Martin SE, Maurer A, Baek W, Green JS, Crouse SF. Effects of resistance, endurance, and concurrent exercise on training outcomes in men. Med Sci Sports Exerc. 2004;36(12):2119Y27.
5. Gravelle BL, Blessing DL. Physiological adaptations in women concurrently training for strength and endurance. J Strength Cond Res. 2000;14(1):5Y13.
6. McCarthy JP, Agre JC, Graf BK, Pozniak MA, Vailas AC. Compatibility of adaptive responses with combining strength and endurance training. Med Sci Sports Exerc. 1995;27(3):429Y36.
7. Cadore EL, Izquierdo M, Alberton CL, Pinto RS, Conceicao M, Cunha G, Radaelli R, Bottaro M, Trindade GT, Kruel LF. Strength prior to endurance intra-session exercise sequence optimizes neuromuscular and cardiovascular gains in elderly men. Exp Gerontol. 2012;47(2):164Y9.
8. Izquierdo M, Iban˜ez J, Ha¨kkinen K, Kraemer WJ, Larrio´n JL, Gorostiaga EM. Once weekly combined resistance and cardiovascular training in healthy older men. Med Sci Sports Exerc. 2004;36(3):435Y43
9. Takeshima N, Rogers ME, Islam MM, Yamauchi T, Watanabe E, Okada A. Effect of concurrent aerobic and resistance circuit exercise training on fitness in older adults. Eur J Appl Physiol. 2004;93(1Y2):173Y82.
10. Leveritt M, Abernethy PJ. Acute effects of high intensity endurance exercise on subsequent resistance activity. J Strength Cond Res. 1999;13(1):47Y51.

Integrazione alimentare: che Zibaldone!

11617.14425Poco più di un anno fa Federsalus (Federazione Nazionale Produttori Prodotti Salutistici) ha presentato una ricerca, realizzata da Eta Meta Research, dal titolo “Il consumo di integratori alimentari in Italia”, volta a indagare l’universo dei consumatori (abituali o saltuari) di integratori alimentari. I dati emersi indicano innanzitutto che si tratta di un fenomeno consolidato, che trova nella ricerca della salute e del benessere psico-fisico la sua motivazione principale. Gli integratori più utilizzati sono soprattutto a base di vitamine, sali minerali (52,5%) e fermenti lattici (36%), seguiti da crusche e altre fibre/lieviti (15,9%) e prodotti energetici sportivi (14,4%). Questi ultimi sono scelti prevalentemente da un pubblico maschile, anche se, in genere, è il sesso femminile a utilizzare maggiormente gli integratori alimentari. A completare il profilo del consumatore, un livello di istruzione medio-alto, con buona predisposizione allo sport e alla cura dell’alimentazione. La maggioranza degli utilizzatori intervistati ne fa un uso regolare da oltre due anni e per gli acquisti si fa consigliare dal medico o dal farmacista, anche se è molto in uso la pratica del “fai da te” e del “passaparola” (quasi il 36% degli intervistati, percentuale che quasi raddoppia fra gli acquirenti del supermercato).
Dai dati presentati emergono due aspetti fondamentali. Il primo, riguarda l’interesse vivo e in crescita nei confronti degli integratori, interesse che non riguarda solo il target degli sportivi, ma fasce sempre più ampie di popolazione; il secondo aspetto pone in primo piano il valore fondamentale della comunicazione e la conseguente necessità di fornire informazioni corrette. In realtà, indagando sia le informazioni che passano attraverso i mass media, che quelle dei canali scientifici “ufficiali”, se ne ricava un quadro molto confuso, quando non contraddittorio, in cui è spesso difficile orientarsi.

L’AMBIGUO MONDO DEI MICRONUTRIENTI
La ricerca nel campo della nutrizione vanta una produzione vastissima di lavori ed è in continua evoluzione, ma questo può spiegare solo parzialmente la difformità di giudizio che emerge, soprattutto a proposito dell’integrazione alimentare dei micronutrienti, fra cui le vitamine rappresentano le sostanze più dibattute. Sono stati realizzati moltissimi studi che definiscono le vitamine “alimenti miracolosi”, così come altrettanti le dichiarano dannose per la salute. In tutti i casi, gli studi sono sempre suffragati da “evidenze scientifiche”. La Vitamina C, secondo le annate, è stata vilipesa o idolatrata. Diventata famosa quale antidoto per il raffreddore, è stata successivamente definita una vitamina “patetica” per la sua inutilità, quindi accusata di far venire il cancro se presa in dosi eccessive, quindi dichiarata in grado di uccidere le cellule cancerogene, se assunta per endovena in dosi elevate. Stessa sorte per la Vitamina D, che la pelle sintetizza come reazione fotochimica all’esposizione ai raggi di luce ultravioletta provenienti dal sole: dopo il grande interesse suscitato negli anni ‘20 per combattere il rachitismo, e il relativo disinteresse nei decenni successivi, è stata nuovamente riesumata per i suoi sorprendenti effetti anti cancro. Strettamente connessa all’osteoporosi, influenza la capacità dell’organismo di utilizzare il calcio. Anche a proposito dell’integrazione alimentare di calcio gli studi scientifici hanno dato risultati spesso contraddittori. Per anni consigliato per la prevenzione e cura dell’osteoporosi, è stato successivamente messo sul banco degli imputati. Uno studio epidemiologico condotto sulla popolazione femminile americana evidenziava percentuali di osteoporosi da record, nonostante i quantitativi di calcio assunti fossero fra i più alti al mondo. Altri studi rilevarono che il calcio preso in eccesso e non assorbito, poteva avere delle conseguenze anche importanti, come l’artrosi, i calcoli renali fino al favorire l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Dunque, si affermò che il calcio non poteva essere assorbito nelle ossa senza l’aiuto del magnesio, dando il via a una nuova produzione di studi volti a suffragarne i grandi poteri: non solo si dimostrò che rallentava la perdita di massa ossea, ma addirittura invertiva il processo di osteoporosi, oltre ad aiutare la prevenzione delle malattie cardiache. Stessa grande confusione anche per quanto riguarda gli intermedi metabolici carnitina e creatina; basti dire, a proposito di quest’ultima, che in Italia il suo consumo è lecito, mentre in Francia è vietato e punito dalla legge sportiva.

FRA MEDICINA E ALIMENTAZIONE
Nel 2002, per uniformare le differenti leggi nazionali e proteggere la salute dei consumatori, è stata emanata la direttiva europea sugli integratori alimentari. Quando la direttiva è stata approvata, alcune questioni importanti sono state rimandate a decisioni future, fra cui i limiti di dosaggio di vitamine e minerali contenuti negli integratori e le fonti di nutrienti da permettere in questi prodotti. A distanza di sei anni, non è ancora stata presa alcuna decisione in merito, e non è difficile capire il perché. Gli integratori alimentari sono disciplinati dalla legislazione sui prodotti alimentari, perché non è riconosciuto loro nessun effetto terapeutico: eventuali indicazioni relative a cura o prevenzione di malattie farebbero rientrare il prodotto nel quadro legislativo dei medicinali. Dunque, si presuppone che l’alimentazione non abbia niente a che fare con la salute: il quadro legislativo dei medicinali, coerentemente, non ha posto per i nutrienti, quindi non si prevede che una sostanza nutriente, anche in forma concentrata, possa avere qualche effetto su una malattia specifica. Partendo da questi presupposti, è difficile stabilire dei limiti di dosaggio. Il contraddittorio di fondo è che da una parte si riconosce l’importanza di una corretta alimentazione per la salute e la prevenzione di alcune malattie, mentre dall’altra si impedisce qualsiasi informazione sulle proprietà dei nutrienti in questo senso. Inoltre, i limiti di dosaggio dovrebbero presupporre un’evidenza scientifica riguardo la dannosità di un nutriente oltre determinati dosaggi, evidenza che, a oggi, non è ancora stata dimostrata. Trattandosi di alimenti, dunque, la decisione se e in quale dose assumerne dovrebbe rientrare nella sfera delle decisioni personali, non certo imposta da direttive governative o sovranazionali. Anche in Italia gli integratori sono considerati come prodotti appartenenti all’area alimentare. Riguardo i livelli di assunzione massima giornaliera, si fa riferimento all’indicazione orientativa e generica di attenersi entro limiti di sicurezza (upper safe level), tenendo in considerazione le RDA (recommended dietary allowances). Eppure, nonostante siano considerati come prodotti alimentari, gli integratori, se assunti a scopo curativo, sono detraibili (fonte: rivista “Primo Piano Fiscale”), quindi considerati come i medicinali. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha affermato che “i prodotti detti integratori alimentari se prescritti da un medico specialista a scopo curativo possono essere detratti ai sensi dell’art. 15 del TUIR. La stessa cosa vale se a prescriverli è il medico di base”. Per la detrazione fiscale occorre lo scontrino fiscale parlante, ossia lo scontrino che indica il nome del prodotto, la natura e la quantità, e il codice fiscale dell’assistito, allegando preferibilmente la prescrizione medica (come avviene per la detrazione di tutti i prodotti non rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale).

INTEGRAZIONE SPORTIVA
Nel 2006 è stata condotta un’indagine su oltre 1500 atleti dalla Commissione di Vigilanza e il controllo sul doping e per la tutela della salute e delle attività sportive del Ministero della Salute (CVD). Il 64% del campione dichiarò di aver assunto prodotti farmaceutici, compresi omeopatici (soprattutto antinfiammatori), e prodotti salutistici in genere, nelle due settimane antecedenti il prelievo. Il 30% dei prodotti salutistici assunti sono rappresentati prevalentemente da sali minerali, vitamine, aminoacidi e derivati, estratti erboristici e da integratori alimentari, ovvero formulazione di varie associazioni di tutti questi prodotti. A farne largo uso sono atleti e sportivi, professionisti e dilettanti, che alimentano un mercato di dimensioni sempre più importanti e con ottime prospettive di ulteriore espansione. Ma se da una parte l’integrazione può costituire un’effettiva necessità, giustificata ed efficace, dall’altra può anche essere inutile ed eccessiva, se non addirittura illegale: il confine tra integrazione lecita e illecita è molto sottile, tanto che la sola definizione risulta estremamente difficile, a partire dal termine stesso di “integrazione”. Con questa parola ci si riferisce al fatto che, durante l’attività sportiva, si consumano sostanze biologiche che poi devono essere reintegrate, supportando i processi naturali fisiologici con aiuti specifici esterni. Eppure, durante l’attività fisica sono diverse le sostanze consumate, incluse quelle ormonali, e questo non può rappresentare un valido motivo per assumere, per esempio, testosterone o GH. Nelle “Linee Guida su integratori alimentari, alimenti arricchiti e funzionali” pubblicate dal Ministero della Salute, si definiscono integratori o complementi alimentari quei “prodotti che costituiscono una fonte concentrata di nutrienti o sostanze a effetto fisiologico, sia mono che pluricomposti, destinati a integrare o a complementare la dieta. Sono presentati in forma di tavolette, capsule, compresse, flaconcini e simili per fornire un apporto predefinito di nutrienti e/o di sostanze a effetto fisiologico”. Nella denominazione deve figurare la dizione “integratore alimentare” o “complemento alimentare”. Sono suddivisi in:
- integratori di vitamine e/o di minerali;
- integratori di altri “fattori nutrizionali”;
- integratori di aminoacidi;
- derivati di aminoacidi;
- integratori di proteine e/o energetici;
- integratori di acidi grassi;
- integratori a base di probiotici;
- integratori di fibra;
- integratori o complementi alimentari a base di ingredienti costituiti da piante o derivati.
Gli integratori alimentari sono naturalmente acquistabili senza prescrizione medica e sono liberamente venduti in farmacia, supermercati, erboristerie, palestre e negozi specializzati. Questa notevole disponibilità ha contribuito a generare molta confusione rispetto alla loro funzione ed efficacia, oltre che un certo avventato pressappochismo riguardo a posologia e modalità d’uso. Soprattutto in riferimento ad alcune categorie di prodotto ci si trova spesso davanti a scelte insidiose, su una linea borderline fra lecito e illecito difficilmente identificabile. Si tratta di un settore in continua evoluzione, in cui, di fatto, la legittimità si basa più su questioni etiche che scientifiche e per questo risulta difficilmente ingabbiabile in una normativa che non lasci spazio alla libertà d’interpretazione e all’abuso. Appellarsi al buon senso, come spesso accade, risulta la migliore soluzione.

Di Mia Dell’Agnello

Pubblicato su Professione Fitness 3/2008